Thursday, November 15, 2007

Sinopoli Verdi Requiem 2001

http://rapidshare.com/files/10533856/Messa_Di_Requiem.zip


For all the Giuseppe Sinopoli admirers I'm uploading what was actually his final recording, Verdi's Messa di Requiem (not Ariadne auf Naxos; that was his final studio recording).

The Requiem was recorded in Dresden about two months before his death. The concerts were given in memory of the victims of the Dresden firebombings at the end of World War II and the recording, issued by the Staatskapelle Dresden, was a fund-raiser for the rebuilding of a church in that city.

I'm not aware of this recording ever having been issued commercially by any label and as far as I know it is no longer available from the Staatskapelle Dresden either. The performances took place on 13 and 14 February 2001 and the soloists are Daniella Dessi, Elisabetta Fiorillo, Johan Botha and Roberto Scandiuzzi.

Monday, November 12, 2007

Giuseppe Sinopoli - selected multimedia resource list

Anderson Colin (2001), New Releases - "Live" Recordings, The Bruckner Journal, Vol 5 No 2, July, pp4-5

Angeli Franco, Giuseppe Sinopoli - Wagner o la musica degli affetti (a cura di Pietro Bria e Sandro Cappelletto)

Berky John F, Anton Bruckner Symphony Versions Discography (http://www.abruckner.com/)

Bragg Keith (2001), A personal tribute by Keith Bragg, Chairman of the Philharmonia Orchestra (www.philharmonia.co.uk/sinopoli.asp)

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DW-TV (2000b), An Opera House da Capo: The Saxton Staatsoper Dresden (20 August broadcast)

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Fertonani Cesare (1993), Schonberg e Bruckner, Corriere della Sera, 28 aprile (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli/interprete.html)

Foletto Angelo (1991), Intervista a Giuseppe Sinopoli, un direttore scomodo, Musica Viva Anno XV n.7, luglio (http://heinrichvontrotta.blogspot.com)

Gantz Jeffrey (1999), Anton Bruckner's Last Judgement Ninth Symphony, Apocalypse Now, The Boston Phoenix, July 19 (http://weeklywire.com/ww/07-19-99/boston_music_2.html)

Giuseppe Sinopoli Festival, TaorminaArte Web Television (www.toarte.tv) (featuring extensive footage of Sinopoli including talks, interviews, concert extracts and other interesting information)

Griffiths Paul (1987), Dense Bruckner / Review of 'Philharmonia'-Sinopoli at the Festival Hall, The Times, 21 March

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Hall Alexander (2001), Philharmonia Orchestra - Guestbook Talkback, 23 April

iclassics.com, Bruckner: Symphony No. 5, (www.iclassics.com/productDetail?contentId=7504#)

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JMH, hi-fi+ Classical and Audiophile Music Review archive - Issue 8 (www.hifiplus.com/m-rev8-class.html)

Khalona Ramon and Griegel Dave (2002), The 2001 Bruckner Marathon, The Bruckner Journal, Vol 6 No 1, March, pp19-22

Kozinn Allan (2001), Giuseppe Sinopoli, Intense and Physical Conductor, Dies at 54 After Collapsing Onstage, New York Times, April 23 (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli/kozinn.html)

Lenzi Riccardo (2001a), Intervista a Giuseppe Sinopoli, una bacchetta scomoda, L'Espresso, 24 aprile (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli/intervistalenzi.html)

Lenzi Riccardo (2001b), Grandi Maestri / La Scomparsa di Giuseppe Sinopoli, la bacchetta scomoda, L'Espresso, 3 maggio, pp68-69

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Matassi Elio (2003), Anima e esattezza: la figura intellettuale di Giuseppe Sinopoli, Hortus Musicus No 13, Gennaio-Marzo

Morrison Richard (1991), Maestro behind the myths, The Times, 18 September

NHK (2000), Giuseppe Sinopoli conducting Beethoven Ninth Symphony with Staatskapelle Dresden and Japanese choir in Japan (16 January - video available on Yahoo OperaShare)

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Osborne Richard (1991 and 1996), Gramophone Reviews of Sinopoli Bruckner Symphonies (www.gramophone.co.uk)

Palermi Valeria, Intervista a Giuseppe Sinopoli, un artista diviso in quattro (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli/nuovifles/intervistapalermi.html)

Planet Interview, Interview with Giuseppe Sinopoli (in German) (http://www.planet-interview.de/)

Radiotelevisione Italiana (RAI), Sinopoli dirige l'orchestra sinfonica nazionale della RAI (with audio extracts), Opere alla RAI (http://www.rai.it/RAInet/musica/Rpub/raiRMuPubArticolo2/0,7756,11624%5Ehomepage%5E,00.html)

Rodoni Laureto, Giuseppe Sinopoli in Memoriam (Website a cura di Laureto Rodoni) (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli)

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Sinopoli Giuseppe (2002), Parsifal a Venezia - Prefazione di Cesare De Michelis, Marsilio-Collana: Gli specchi

Sinopoli Giuseppe (2006), Il Mio Wagner. Il racconto della Tetralogia di Giuseppe Sinopoli, ed. Sandro Cappelletto, Marsilio Editori, Venezia

Vitali Giovanni (2006), In Memoriam Giuseppe Sinopoli (una recensione alla Messa di Requiem di Verdi, l'ultima registrazione di Giuseppe Sinopoli, effettuata live alla Semperoper di Dresda il 13 e 14 aprile 2001, appena due mesi prima la prematura scomparsa), Tanti Affetti blog, 2 aprile (http://tantiaffetti.splinder.com/post/7835630)

Villatico Dino (2001), Con la sua musica visionaria interpretava la psiche umana, La Repubblica, 22 aprile (www.rodoni.ch/busoni/sinopoli/villaticopsiche.html)

Waller Patrick C (2006), Bruckner Symphony 4 Sinopoli 423 677-2, MusicWeb International, 6 July (www.musicweb-international.com/classrev/2006/July06/Bruckner)

Ward Ken (2001), Philharmonia Orchestra - Guestbook Talkback, 26 April

Ward Ken (2004), The Mysterious Case of the Sinopoli 6th, The Bruckner Journal, Vol 8 No 2, July, p8

ZDF (1986), Giuseppe Sinopoli conducting Mahler Fifth Symphony with the Philharmonia Orchestra London at Alten Oper Frankfurt, including interview and extracts of rehearsal sessions (video in German)

Freud e la psicoanalisi - l'interesse di Sinopoli per questa disciplina

Pietro Bria, docente di igiene mentale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e membro della Società Psicoanalitica Italiana.

(Convegno FREUD-MAHLER-SINOPOLI – Forum Austriaco di Cultura in collaborazione con l’Associazione degli Amici di S. Cecilia – 3 Maggio 2006)


1. L’interesse di Sinopoli per la psicoanalisi

Desidero ringraziare il Forum Austriaco di Cultura di Roma e gli Amici di S. Cecilia ( istituzione di cui ricorrono i 20 anni della fondazione) per avermi invitato ad aprire questo ciclo di incontri che alla memoria di Sigmund Freud – di cui ricorre il 150° anniversario della nascita – intende legare il nome di Gustav Mahler e quello di Giuseppe Sinopoli di cui ricorre il quinto anniversario della morte e che di Mahler fu profondo e indimenticabile interprete.

Tanti i legami tra questi nomi. Sappiamo dell’incontro seppur temporaneo tra Freud e Mahler. Ce ne parla Jones nella sua biografia di Freud. Mahler, seppur dopo molte esitazioni e rimandi, incontrò Freud a Leyden, in Olanda nell’estate del 1910 e, a detta di Jones, ebbe molto beneficio dalle sue parole . “Si incontrarono in un albergo – racconta Jones – e passeggiarono per quattro ore nella città, facendo una specie di analisi. Sebbene Mahler non avese avuto precedenti contatti con la psicoanalisi, Freud disse di non aver mai incontrato nessuno che desse l’impressione di capirlo così prontamente”. Di questo rapporto parlerà nei prossimi seminari Gaston Fournier e lo farà lasciandosi ispirare dalle interpretazioni mahleriane di Sinopoli.

A me tocca questa sera esplorare il rapporto tra Sinopoli e Freud e, qindi, il suo interesse per la psicoanalisi che tanto influenzò non solo la sua complessa e variegata formazione umanistica ma anche il suo modo di fare e di concepire la musica. A guidarmi, però, non sarà la musica di Mahler, pur importante per capire a fondo i legami tra Sinopoli e la psicoanalisi, ma quel vertice espressivo rappresentato dalla musica di Wagner cui Sinopoli ha dedicato gli ultimi anni della sua vita di interprete legandola intimamente alle profondità della vita affettiva. E la psicoanalisi, come vedremo, è essenzialmente teoria degli affetti.

Tutto ciò mi riporta al nostro primo incontro mediato, per così dire, da Freud e dalla figura di un grande maestro del dopo Freud , Ignacio Matte Blanco, che qui anche mi piace ricordare.
L’Inconscio come insiemi infiniti – opera capitale con cui Matte Blanco rivisitava e riformulava in termini logico-matematici la struttura dell’inconscio freudiano – fu, in effetti, il primo di una serie di libri di cui gli feci dono e che, nella nostra lunga amicizia, stavano sempre a testimoniare il particolare significato di un evento privato o pubblico della nostra vita. Seppi, così , prima di raggiungerlo a Bayreuth (per una replica di Tannhauser) e dopo un trascinante Requiem di Verdi al Teatro La Fenice , che aveva letto e meditato su Freud sin dai suoi studi di medicina che si erano conclusi con una tesi in psichiatria sui determinanti sociogenetici del disagio mentale.

Una conoscenza che gli verrà ufficialmente riconosciuta nel 1977 quando, invitato dalla Sigmund Freud- Gesellschaft a commemorare la nascita di Freud, consegna un saggio di grande spessore psicodinamico intorno alle trasformazioni simboliche del personaggio di Kundry nel Parsifal di Wagner.

A Bayreuth mi disse che aveva letto con molto interesse la mia introduzione all’opera di Matte Blanco con cui presentavo al lettore italiano questo originale contributo della psicoanalisi contemporanea. Ne fui ovviamente lusingato e tra noi si creò un improvviso feeling comunicativo che si caricò negli anni di un affetto fraterno . Capii solo più tardi l’importanza che ebbe per lui e per il suo fare musica la visione “strutturale” che Matte Blanco proponeva dell’inconscio freudiano che prendeva il posto all’interno di una concezione più generale del funzionamento psichico che prospettava la relazione tra inconscio e coscienza come un intreccio multistratificato tra due modi di “trattare” il mondo, due modi di essere dello psichico indissolubilmente legati da una antinomia di fondo in sè irrisolvibile. Una visione per la quale il modo di essere inconscio si legava, per la prima volta e in modo esplicito, con i livelli più profondi dei nostri moti affettivi e con l’infinito di cui essi appaiono saturi.

Distinguerò due aspetti fondamentali di quella che chiamerò la sua “vocazione psicoanalitica”.
Il primo ha a che fare con l’archeologia nel senso di una vocazione allo “scavo”e all’ ”indagine stratigrafica del sommerso”, quella stessa che in seguito realizzò concretamente intraprendendo gli studi di archeologia e prospettandosi in alcuni momenti un futuro di lavoro sul campo. La metafora archeologica ha assunto tante valenze per lui. Presentando l’iniziativa Music for Archeology si riferiva così ai rapporti tra musica e archeologia : “L’idea di legare la musica all’archeologia nasce dalla necessità di mettere in rapporto due momenti dello spirito : la musica come documentazione di quella ricerca continua del limite tra la luce e le tenebre, tra l’intuizione e la conoscenza; la musica come meditazione sul sacro, l’archeologia come traccia della sua manifestazione tangibile”. Ma archeologica era anche la metafora con cui Freud descriveva in Costruzioni in analisi(1937) il lavoro di “ricostruzione” che, a partire da indizi, porta alla luce il materiale “sommerso” o “inconscio” che si è variamente stratificato e accumulato nel corso degli anni. Solo che – aggiungeva Freud –“ l’oggetto psichico è incomparabilmente più complicato di quello materiale con cui ha a che fare con l’archeologo”, per cui “ mentre per l’archeologia la ricostruzione coincide con la meta e il termine di tutti gli sforzi, per l’analisi la costruzione è soltanto un lavoro preliminare” . Con queste parole Freud si riferiva a quella complesssità di affetti che nei suoi Studi sull’isteria aveva chiamato “multidimensionale”.
Con la stessa ispirazione Sinopoli si accosta ai geroglifici egiziani come traccia visibile di una realtà sacrale e sviluppa quell’attitudine a cogliere di un qualsiasi testo o partitura – l’aspetto sommerso o “latente” o inconscio che agisce da “determinante psicodinamico” per l’aspetto “manifesto” della scrittura. In altre parole : la stessa dinamica che Freud aveva prospettato per il sogno il cui contenuto gli appariva “dato per così dire in una scrittura geroglifica, i cui segni vanno tradotti uno per uno nella lingua dei pensieri del sogno” e la cui interpretazione o decifrazione diventava, così, “via regia” ma mai saturata verso l’Inconscio dell’uomo.
Freud ,quindi, insieme con Nietzche, costituiva per lui il riferimento obbligato per ogni indagine testuale, per ogni possibile ricerca ermeneutica. Ciò significava andare sempre al di là della lettera del testo per indagarne la complessità pluristratificata, come era stato per Freud con il sogno, evidenziarne le sovrapposizioni o i mascheramenti difensivi, scoprirne le determinanti inconsce che ne sono all’origine : un fondo abissale di affetti e di conflitti che le “reti” del linguaggio o della “coscienza” tentano di catturare o di tradurre in modo inevitabilmente compromissorio.

In un intervento di molti anni fa egli parlò, riferendosi al segno musicale, di un abisso incolmabile che si situa tra l’Idea e il segno, da una parte e tra il segno e il messaggio dall’altra. Quello che è scritto – aggiungeva - è solo una traccia, un compromesso. Spetta all’interprete l’impossibile compito di tentare di colmare l’abisso che separa il segno o la scrittura dall’Idea, punto limite o origine delle infinite trasformazioni o interpretazioni con cui trascendiamo continuamente la scrittura stessa. Questa matrice psicoanalitica – che utilizzava il concetto freudiano di inconscio – informava la sua opera di compositore e di interprete ed era parrte essenziale del suo “umanesimo “radicale” – come mi scrisse in una dedica su Ateismo nel Cristianesimo di Ernst Bloch, altro autore da lui amato – proprio nel senso che va alle “radici”, che sono anche radici affettive per il pensiero di cui Sinopoli tenta di affermare la funzione creativa e trasformativa ( di qui il suo interesse per il pensiero mitico di cui denuncia l’esigenza), consapevole, però, al tempo stesso delle sue fragili basi. Perché per lui – e qui c’è un’altra grande intuizione che prende a prestito dalla psicoanalisi – il pensare è connesso alle sue origini all’esperienza della perdita, alla consapevolezza del limite che è anche perdita dell’onnipotenza infantile che impone l’elaborazione di un lutto. Una elaborazione che si rivela impossibile quando il pensiero, gravato dalla colpa, rinuncia alla sua funzione simbolica o trasformativa per diventare puro gesto, pura azione.

Il secondo aspetto di quella che ho chiamato la sua “vocazione psicoanalitica” e che è strettamente intrecciato con il primo è costituito dalla sua concezione della musica non come pura sintassi o gioco sonoro ma come fatto espressivo che, con la semantica che gli è propria , stabilisce un rapporto referenziale privilegiato con il mondo e la dinamica delle forme affettive : referenzialità “insatura” , l’ha chiamata Susan Langer, ben diversa, da quella puntuale e satura del linguaggio verbale.

A questo mondo appartengono l’esperienza del distacco e della perdita, il sentimento della colpa e della sua possibile elaborazione, le vicissitudini e le dinamiche originarie della sensorialità quando essa tenta di ingranarsi nei registri del linguaggio, i conflitti archetipici attorno ai quali si costruisce la nostra identità di soggetti.

Sul legame tra musica ed affetti Sinopoli è tornato più volte a meditare. Lo ha fatto a contatto con i pazienti del Gemelli quando ha comunicato loro che “la musica con la sua impalpabile bellezza” permette all’uomo di “raggiungere, con i suoi sensi e con il suo intelletto, i confini estremi della materia: ciò che è impossibile misurare, quantificare, toccare”. E’ qui che avviene quel salto misterioso per il quale nel momento dell’ascolto il sensibile come per incanto si dilegua per diventare memoria. Come nel trapasso della morte. Ritorniamo a meditare su questo suo estremo messaggio che tocca anche l’elaborazione del dolore :

“ La musica è il segno più sublime della nostra transitorietà… come la bellezza essa risplende e passa per diventare memoria, la nostra più profonda natura”..... E così essa ci aiuta a superare il dolore e la sofferenza e con il suo linguaggio affatto particolare ci mette in contatto con un mondo di affetti “fatto di dolore, di esaltazione, di melanconia, di gioia, di perdita ed espresso attraverso materiali semantici complessi la cui decifrazione può anche non essere necessaria per intendere il messaggio trasmesso”.

Approfondiremo ora questo percorso ripartendo da Freud e dal significato della scoperta con cui ha rivoluzionato il campo della psicologia e non solo della psicologia per ritornare poi a Sinopoli e al suo incontro con Wagner. Perché – dopo avere attraversato la complessità affettiva dell’opera di Gustav Mahler ,così irrimediabilmente segnata dal sentimento della perdita , è solo nella musica di Wagner che Sinopoli intuisce di aver trovato un vero e proprio precursore dell’inconscio freudiano in musica. Ho capito solo più tardi – quando egli stesso lo esplicitò con sempre maggior chiarezza nel corso delle sue letture della Tetralogia – il significato profondo di alcune sue affermazioni che trovo raccolte – grazie all’attenzione e alla cura degli Amici di S. Cecilia - in queste preziose Conversazioni su Wagner che accompagnarono l’evento musicale delle sue esecuzioni della Tetralogia all’Accademia di S.Cecilia in Roma tra il 1988 e il 1991. Come quando il 5 marzo del 1989, introducendo l’ascolto della Walkiria e avventurandosi nell’inestricabile rete dei suoi Leitmotiv, egli arriva ad affermare :

“E’ sconvolgente la componente psicoanalitica di Wagner, la sua preveggenza rispetto a Freud… I Leitmotive danno la possibilità a Wagner di tracciare come una stratificazione di stati d’animo e di livelli di coscienza di ciascun personaggio… e qui Wagner segna il punto più geniale del teatro moderno e anche contemporaneo aprendo all’inconscio una porta importante e questo molto prima che apparissero i teorici dell’inconscio ( Freud compone la Traumdeutung nel 1900 mentre la composizione della Walkiria è della metà degli anni cinquanta)”

Tutto ciò fu riaffermato – dopo la Tetralogia di Bayreuth del 2000 – in quella ormai storica lezione su Wagner che tenne dinanzi agli studenti della Cattolica un mese prima della sua tragica dipartita. Di quella giornata – che con Sandro Cappelletto abbiamo raccolto insieme ad altri testi in un piccolo volume che gli abbiamo dedicato e che prende il titolo dalla lezione stessa “Wagner o la musica degli affetti” – vi proporrò alla fine una breve esperienza di ascolto di alcuni brani emblematici della Tetralogia da lui diretta a Bayreuth con cui si potrà rivivere quell’atmosfera che per tutti i partecipanti fu anche una intensa esperienza di vita. L’ascolto ci permetterà anche – almeno me lo auguro – di tradurre in esperienza quanto avrò detto sui rapporti tra Sinopoli e la psicoanalisi.

Partiamo così da Freud e dalla sua “rivoluzione epistemologica”.

2. La rivoluzione epistemologica freudiana

Introducendo la terza edizione inglese della sua opera capitale, la Traumdeutung, Freud afferma :”Esso contiene, anche secondo il mio giudizio di oggi, la più valida di tutte le scoperte che io abbia mai avuto la fortuna di fare. Intuizione come questa capitano, se capitano, una sola volta nella vita”. La scoperta cui Freud si riferisce è naturalmente quella dell’Inconscio che, attraverso il sogno, egli si apprestava ad indagare in modo privilegiato e che si costituiva come oggetto specifico della sua giovane scienza. La psicoanalisi, così, sin dai suoi inizi, si caratterizza come scienza dell’Inconscio che, in quanto tale, possiede una teoria e un metodo o tecnica che di questo oggetto specifico permette una conoscenza e una possibile trasformazione.

Ma a partire dalla Traumdeutung e nel corso del suo sviluppo il concetto fondativo dell’Inconscio non mantiene un significato univoco. Dobbiamo a Ignacio Matte Blanco, il grande psicoanalista cileno del dopo Freud, lo studio più approfondito delle vicissitudini di questa idea che ha scosso le basi della psicologia e ha creato i presupposti per una nuova epistemologia. L’Inconscio come insiemi infiniti che ho citato prima è stato il risultato prezioso di tale ricerca. Su di essa dobbiamo soffermarci perché, a mio avviso, ci darà anche gli elementi per ritornare a ripensare in modo nuovo il rapporto tra Sinopoli e la musica.

Possiamo in breve dire che la rivisitazione che Matte Blanco fa dell’Inconscio freudiano porta a una prima e fondamentale distinzione tra due tipi di Inconscio che sono continuamente presenti e mai sufficientemente composti nell’analisi freudiana.

Il primo è l’Inconscio legato al meccanismo della rimozione : l’Inconscio rimosso. Esso è costituto da quei contenuti psichici che hanno la natura di desideri che vengono come esiliati – attraverso il meccanismo della rimozione – dal campo della coscienza perché sentiti come incompatibili con essa o con quella che nella teoria freudiana diventerà in seguito l’ istanza psichica del Super-Io che stabilisce i criteri per l’accesso alla coscienza e,quindi, per ciò che dovrà essere censurato e rimosso. Questo Inconscio è quindi il risultato della censura che si eserciterà proprio su quei desideri antitetici come l’amore e l’odio che strutturano la scena edipica e ha un carattere dinamico dal momento che il desiderio rimosso legato alla pulsione tenderà inevitabilmente al suo appagamento e, per la sua espressione, dovrà necessariamente stabilire un “compromesso” con l’ istanza della coscienza. E così attraverso questa strada il sintomo ma anche il lapsus e il sogno diventano formazioni di compromesso privilegiate in cui l’inconscio tenta di trovare espressione e visibilità.

Il sogno, in tale prospettiva, diventa appagamento mascherato o deformato di uno o più desideri rimossi e la sua interpretazione comporterà un processo di decifrazione o di smascheramento di tutte quelle trappole linguistiche- i meccanismi della formazione del sogno come lo spostamento e la condensazione – che hanno occultato o reso irriconoscibile il desiderio originario che è motore del sogno. Una visione questa che, avendo la censura come protagonista ( di qui le metafore giudiziarie e politiche adoperate da Freud per descriverla) ha portato uno studioso come Franco Fornari a definirla come persecutoria e fondamentalmente legata alla cultura del suo tempo ( per intenderci la Vienna di fine secolo) . E ha dato origine a quel filone di ricerca che vuole il lavoro dello psicoanalista simile a quello del detective che, partendo dagli indizi o dalle tracce lasciate da chi ha compiuto l’azione delittuosa (l’inconscio come “sovversivo” delle regole ) deve ricostruire la scena esatta del crimine e il suo autore.

E’ però proprio attraverso l’ indagine sul sogno che in Freud si fa strada un altro modo di vedere le cose. Unn modo in cui le “regole” che il sogno sovverte non sono più regole morali ma essenzialmente “regole logiche” che Freud suggerisce parlando dell’inconscio come “sistema con caratteristiche speciali” senza , però, trarne tutte le conseguenze e pur consapevole di una contraddizione che si era creata nella sua teoria.

E così nelle sue Lezioni Introduttive alla Psicoanalisi del 1917 e precisamente nel capitolo sui “tratti arcaici ed infantili del sogno” , interrogandosi sulla natura del desiderio inconscio che promuove il sogno afferma che “il sogno c riconduce ogni notte allo stadio infantile”. Qui il desiderio inconscio viene fatto coincidere da Freud con “quanto vi è di infantile e di arcaico dentro di noi”, con il “regno dell’infantile” di cui tiene a precisare le relazioni con l’Inconscio. Può essere utile richiamare il testo freudiano:
….tutti questi antichi tratti infantili, che una volta erano dominanti e i soli
dominanti dobbiamo oggi ascriverli all’Inconscio, modificando e allargando
le nostre rappresentazioni di esso. “Inconscio” non è più un nome per ciò che
è attualmente latente, è un particolare regno psichico… con una propria forma espressiva e con meccanismi psichici ad esso peculiari, che non sono in vigore altrove.. Ma i pensieri onirici latenti, che abbiamo scoperto attraverso l’interpretazione del sogno non sono di questo regno; sono piuttosto simili a quelli che avremmo potuto pensare anche nello stato di veglia. Eppure sono inconsci; come si risolve questa contraddizione?...... Il desiderio onirico appartiene ad un altro inconscio.. quello che abbiamo riconosciuto essere di origine infantile, dotato di particolari meccanismi. Sarebbe del tutto opportuno distinguere tra loro queste due forme di inconscio con denominazioni diverse, ma preferiamo attendere finchè ci saremo familiarizzati con il campo dei fenomeni nevrotici. Ci viene rimproverato come frutto di fantasia un solo inconscio : che cosa si dirà se ammettiamo di non poter fare a meno di due specie di inconscio?

Per questo “secondo inconscio” di origine infantile , dotato di particolari meccanismi e non legato alla rimozione dal momento che la sua relazione con la coscienza è di tipo “strutturale” ,prodotto com’è dai limiti finiti e tridimensionali con cui quest’ultima opera , Freud affermerà in un’altra occasione (1932)

Le leggi del pensiero logico non valgono per i processi dell’Es, soprattutto non vale il principio di non contraddizione. Non vi è nulla nell’Es che si possa paragonare alla negazione e si osserva con sorpresa un’eccezione al teorema filosofico che lo spazio e il tempo sono forme necessarie dei nostri atti mentali

Ebbene Matte Blanco ha dato veste logica a questo Inconscio strutturale che fa a meno del principio di non contraddizione aristotelico e delle coordinate spazio-temporali che Kant ha posto alla base della funzione ordinatrice del pensare, lo ha dotato di una logica – la logica simmetrica – di cui ha dichiarato anche l’isomorfismo con la logica dell’emozione e con quella dell’infinito. Per questa logica la semplice somiglianza o equivalenza tra due individui comporta – ipso facto – la loro identità il che è lo stesso dire che essa tratta la parte come il tutto, tratta come uno ciò che il pensiero divide . L’Inconscio – afferma Matte Blanco – non conosce,perciò, individui ma solo classi o funzioni proposizionali.

In quanto esseri emozionali noi seguiamo prevalentemente questa logica della pars pro toto con cui assolutizziamo o infinitizziamo gli oggetti delle nostre emozioni, proprio nel senso che li svincoliamo dai limiti spazio-temporali in cui è confinato il loro essere individuale e li sentiamo provvisti di poteri infiniti che sono i poteri della classe cui appartengono. Ciò vale per gli oggetti dell’amore come per gli oggetti dell’odio: l’amore e l’odio, emozioni basiche, si dimostrano, perciò, refrattarie a ogni limite finito di tempo e di spazio e i loro oggetti diventano, perciò, veicoli che rimandano all’universale. L’esperienza dell’innamoramento si sviluppa in questa atmosfera di idealizzazione o di infinitizzazione da cui il pensiero, che lavora entro limiti finiti, viene come continuamente estromesso e anche l’amore più evoluto si nutrirà sempre di questo sottile intreccio tra idealità e particolarità, come deve essere.

La riformulazione che Matte Blanco opera dell’inconscio freudiano porta così al risultato che l’operare logico della nostra mente è l’espressione di due modi dell’essere psichico in continua e varia interazione tra loro : il modo della significazione diacritica ( o “asimmetrica”, per adoperare il termine matteblanchiano)che opera nel rispetto del principio di non contraddizione aristotelico che è principio differenziante e relazionante e il modo della significazione affettiva ( con cui viene a identificarsi l’inconscio strutturale) che tratta come un tutto ciò che il pensiero divide e caratterizza i livelli più profondi della realtà emotiva dove restano attive le memorie affettive che si sono depositate e stratificate sin dall’ infanzia a contatto con le prime e significative esperienze sensoriali e relazionali.

Per questo intreccio logico la mente si costituisce come una struttura a più strati che si dispiega in un continuum strutturale che parte dai livelli più superficiali dove prevale la coscienza “asimmetrica” e “dividente” per addentrarsi nei livelli più profondi che sono i livelli della “coscienza affettiva” o “simmetrica” ( per adoperare il termine matteblanchiana).
Il legame strutturale così esplicitamente stabilito tra inconscio e affetti per il quale questi ultimi acquistano valore cognitivo ci permette ora di ritornare a Sinopoli e al suo incontro con la musica di Wagner.

L’inconscio in musica : l’incontro tra Sinopoli e Wagner e le vicissitudini del Leitmotiv
Se teniamo presente quanto sinora preso in considerazione possiamo dire che l’incontro con Wagner e con la sua musica apre nel rapporto di Sinopoli con la psicoanalisi una fase che mi piace chiamare “matteblanchiana” perché fa propria – senza mai esplicitarlo- quella psicoanalisi strutturale bi-modale e/o bi-logica su cui Matte Blanco ha fondato la sua visione dell’inconscio.
Questa fase nasce da una meditazione assolutamente originale - che si realizza pienamente solo nella Tetralogia - sulla natura e sulla funzione del Leitmotiv e cioè di quella tecnica compositiva che è anche straordinario dispositivo conoscitivo e vero motore della drammaturgia wagneriana.
Per esso Sinopoli parla di funzione attrattoriale nel senso che esso non solo rimanda ad una specifica situazione psicodinamica ( come il tema della perdita, dell’amore o della redenzione) ma, in un senso più profondo, attrae o trascina a sé motivi e tempi musicali stabilendo associazioni o contrasti con altri temi o subendo trasformazioni più o meno profonde che lo rendono irriconoscibile.

Il Leitmotiv – egli afferma con grande acutezza – sottolinea il fluire continuo, la trasformazione perenne, nel senso del “panta rei” eracliteo o della natura che produce se stessa – la natura naturans evocata da Feuerbach e da Giordano Bruno. “C’è un motivo – continua Sinopoli – che crea un campo magnetico e ne interviene un altro capace di creare il proprio campo. E questo trasforma il primo dal punto di vista ritmico e armonico. Tramite tali interazioni si accede ai diversi livelli di coscienza dei personaggi: percorsi labirintici, viaggi prospettici nella mente e nelle emozioni dove ai leitmotiv più evidenti si intrecciano altri nascosti, sfuggenti, pronti a segnalare aspetti inconsci.

E così – introducendo all’ascolto delle varie giornate del ciclo wagneriano a S.Cecilia – Sinopoli afferma ancora intorno a “quei labirinti che sono i Leitmotiv”:

“ Ecco un concetto grazie a cui possiamo capire la rivoluzione incredibile operata da Wagner nella composizione e nella pratica esecutiva. Ci sono alcuni temi, per esempio il tema del Walhalla o il tema di Loge, che hanno un tempo iniziale “vivace” oppure “andante maestoso”, però questo è solo un tempo d’inizio in cui vengono presentati la prima volta. Poi questi temi subiscono delle accelerazioni o delle decelerazioni a seconda della situazione drammaturgica che guida questa o quella scena. Se la situazione è Loge e se nello” specchio” di Loge entra il Walhalla, allora il tema del Walhalla subisce una deformazione, una alterazione dovuta al fatto che c’è il tema di Loge : il tema del Walhalla compare dunque accelerato. Non c’è un tempo assoluto, è il tempo della situazione drammaturgica che trasforma tutto. E’ un sistema di specchi, è lo specchio che crea il mondo, un’altra antichissima immagine greca.. quindi i Leitmotiv sono delle forme amebiche e la formazione del loro tempo dipende dallo specchio, dal tema importante che in quel momento è posto a base di tutta l’azione”

Nella Walkiria comincia il grande sviluppo dei Leitmotiv, grazie a una tecnica meravigliosa di variazione aperta, continua, cellulare tipica del Wagner maturo. Nel Rheingold i leitmotiv veivano solo presentati e quasi mai sottoposti a una vera trasformazione; ora invece la tecnica della variazione, attraverso la trasformazione e l’intreccio del materiale musicale proposto nel Rheingold, diventa un procedimento sistematico... ( e nel Sigfried) l’abilità di elaborazione del Leitmotiv è sublime e seguendo i vari intrecci si capisce ancora di più che il Leitmotiv rende possibile la rappresentazione dei diversi livelli di coscienza, con lievi permutazioni di direzione all’interno di essi. Perciò la riapparizione dei temi precedenti in una nuova fase di sviluppo del dramma acquista il significato dell’affiorare della memoria; ma i temi dei precedenti stadi ricompaiono elaborati sempre diversamente, dato che anche i modi di essere della memoria vengono determinati dal momento attuale, che è un momento drammaticamente ma anche ritmicamente e armonicamente diverso; la memoria interagisce con il presente, lo influenza e ne è influenzata, cosicchè il gioco dei diversi temi, attuali o della memoria, può creare capovolgimenti di prospettive, nuovi collegamenti, un procedere multiforme di passato e presente, mirabilmente condotto da Wagner... ( e nel Gotterdammerung) la maestria del compositore si rivela anche in un’altra tecnica, quella del trapassare insensibilmente, attraverso impercettibili modificazioni,da un leitmotiv ad un altro. E così anche nella musica si attua quel mascheramento, quella mistificazione che è in qualche modo il nucleo fondamentale dell’essenza drammaturgica del Gotterdammerung.

“Questo carattere dell’elaborazione psicodinamica del Leitmotiv è la cosa per me più sconvolgente in Wagner. Ci sono varie maniere di elaborare questo Leitmotiv dal punto di vista tecnico. Non è soltanto la tecnica della variazione “quantitativa” basata sul raddoppiamento e sull’accelerazione dei valori, di figurazioni melodiche o di note intorno alle note principali (tecnica consueta della variazione). La cosa più importante è il concetto di ripetizione: la variazione come ripetizione . Questi Leitmotiv vengono spesso ripetuti e, se risultano noiosi è perchè chi li esegue forse non ha capito che ripetere non vuol dire battere lo stesso tempo; riperete vuol dire un altro stato di coscienza”

A Sandro Cappelletto,poi, che lo intervista nel corso delle esecuzioni della Tetralogia all’Opera di Roma e poi a Bayreuth, precisa ancora questo concetto con l’entusiasmo di chi si è impossessato di un’ idea che porta a concepire il Ring come “ l’opera della psicoanalisi”:
Il compositore precedente a Wagner che ebbe su di lui una grandissima influenza è stato Beethoven e in Beethoven è evidente la tecnica dello sviluppo continuo, della continua germinazione da una microcellula alla grande forma. Questo è un processo che Wagner evita: a lui importa di più la capacità asssociativa di siituazioni diverse e di personaggi diversi: associare e mettere in relazione da diversipunti di vista prospettici. Un procedimento affascinante, perchè il concetto di tempo, che in Beethoven è un’entità costante, in Wagner non esiste. Il tempo si modifica secondo il significato espressivo e drammaturgico di quel determinato Leitmotiv. Così, se un altro leitmotiv viene associato al leitmotiv fondamentale, subisce una distorsione e noi lo sentiamo in un tempo diverso da quello in cui lo abbiamo sentito in un’altra situazione, come se ci fosse una calamita che attrae il tempo in cui quel leitmotiv si era presentato verso un’altra pulsazione temporale. Affascinante.

E alla domanda di quale sia l’importanza dell’inconscio nella musica di Wagner, egli può prontamente rispondere, riprendendo un tema che aveva sviluppato nella sua indagine sul personaggio di Kundry del Parsifal ( straordinaria l’ analisi psicologica che egli sviluppa del secondo atto dell’opera):

Il rapporto è tra sonno, sogno e conoscenza: sono queste le scansioni che corrono lungo tutta la Tetralogia. Sogno e realtà, coscienza e sua modificazione, ciò che è e ciò che potrebbe essere. E’ un tema molto sentito nella cultura tedesca alla metà dell’Ottocento e Wagner ne fa il cuore della sua tecnica compositiva: il leitmotiv caratterizza una situazione, un personaggio ma non si limita a descriverli. E’ sempre sottoposto a campi magnetici vaganti e potentissimi, si apre a continue stratificazioni dell’inconscio

Con Sinopoli, quindi, in modo deciso, il Leitmotiv non è più , come volevano Debussy o Stravinsky , pura “etichetta” che permette di riconoscere o di anticipare un determinato personaggio o una particolare situazione drammaturgica ma è – per dirla con le suggestive parole dello stesso Wagner- “momento plastico del sentimento” e funziona come una vera e propria “sonda psicoanalitica” che attraverso un doppio movimento di variazione-trasformazione della propria struttura e di associazione-interazione con altri Leitmotiv “scandaglia” livelli diversi di coscienza – che sono livelli diversi di spazio e di tempo - di quello che rimarrebbe,invece,solo un preciso e determinato momento drammaturgico.
Il risultato straordinario – questo sì di grande preveggenza rispetto a Freud – di questa procedura continuamente “compromissoria” – sembra suggerire Sinopoli – è che lo spazio lineare della narrazione – come lo spazio della Coscienza in Freud – viene, attraverso la musica, continuamente immerso in un altro spazio, multidimensionale che è spazio dell’Inconscio e costituisce la matrice emozionale su cui il racconto appare come sospeso. In questa matrice albergano non solo violenti conflitti pulsionali – di cui la Tetralogia è tutta intessuta- ma anche massicce proiezioni di desideri e dissoluzioni più o meno ampie dell’identità: i diversi livelli di coscienza dei personaggi di cui parla Sinopoli che coincidono con le stratificazioni multiple del loro inconscio come è stato intuito da Freud e riformulato da Matte Blanco.

E così, attraverso la tecnica del Leitmotiv, la musica con il suo singolare materiale semantico che si avventa, per così dire, contro i limiti imposti dal linguaggio,diventa immersione nello spazio-tempo multidimensionale e l’Inconscio come matrice affettiva può trovare, attraverso di essa, quell’espressione privilegiata che non gli sarebbe consentita da qualsivoglia realizzazione o rappresentazione scenica tridimensionale compresa la raffigurazione onirica che, per Freud, era pur sempre, “via regia verso l’Inconscio”. Una impossibilità strutturale che aveva portato Wagner dopo la realizzata orchestra invisibile a fantasticare un una scena invisibile per il suo dramma musicale e ottenere una liberazione tale dal sensibile da raggiungere una “ comprensione più esaltante, più visionaria del tutto”.

E’ qui – conclude Sinopoli – che sulle orme di Schopenhauer , Wagner realizza nella musica la natura naturans, la natura che genera il suo esistere, il suo fluire, il suo divenire.. un grandissimo concetto, quasi eracliteo, nel senso che l’immobilità dell’essere può essere realizzata soltanto nel suo contrario : ecco il senso della trasformazione che subiscono i Leitmotiv, fino a diventare sempre più corrosi, sempre più alterati negli accordi, sempre più perversi e sempre più logorati dai vermi della distruzione del Crepuscolo degli dei.. la forma rimane solo nel testo mentre nella musica c’è questa continua negazione del momento, questo carattere di transitorietà”.
Vorrei ora proporvi, a conclusione, un’esperienza di ascolto e lo farò riportandomi in quell’aula gremita dove Giuseppe tenne la sua lezione su Wagner. Ho scelto alcuni brani emblematici per l’ascolto che farò precedere da alcuni brevi commenti proprio con le stesse parole da lui adoperate e che abbiamo riportato nel volume che gli abbiamo dedicato.

Il primo lo chiamerò l’esperienza della totalità o dell’indivisibile nel momento in cui appare alla luce e viene turbata dall’ingresso nello spazio e nel tempo della storia, che è storia di furti e di sopraffazioni : spazio del conflitto segnato dall’esperienza della perdita e del lutto. L’esperienza dell’illimitato si confronta con quella del limite come perdita necessaria dell’unità originaria che tenderà, anch’essa necessariamente e ciclicamente, alla ricomposizione. E’ l’inizio della Tetralogia , il celebre accordo del Vorspiel che introduce la prima giornata dell’Oro del Reno.
Ascoltiamo Sinopoli prima come pensatore e subito dopo come esecutore di questo Preludio:
Si tratta di un accordo di mi bemolle maggiore che non muta per 136 battute, una unità assoluta che, come sentirete, lentamente evolve : è l’acqua… sentirete questo suono originario, questo accordo, un solo suono che evolve lentamente, che diventa nell’ascolto un qualcosa di sempre più dinamico, di sempre più fluido, di sempre più creativo… se mi chiedessero qual è l’immagine che io posso ricevere dopo aver ascoltato una musica del genere io penso a quella di una spirale, a dei cerchi che si susseguono oppure ad una forma di processo dinamico che non è unidirezionale ma piuttosto circolare…. è il movimento di una natura che produce se stessa… di cui anche l’uomo è parte organica ... la natura come un tutto in continua evoluzione, una natura infinita e il carattere infinito sta in questo continuo evolversi dell’unità assoluta, non toccata neppure da un processo creativo… questo tutto è tenuto insieme dall’amore.. il potere nasce dalla mutilazione, dall’amputazione di questo tutto ed è, quindi, un potere destinato alla maledizione.. sarà solo la morte volontaria per amore a realizzare la redenzione, a ricomporre il tutto, l’unità spezzata attraverso l’amputazione derivata dal bisogno di potere… dopodichè inizierà un altro ciclo
Ascolto

Il secondo ascolto è il finale della Walkiria costituito dall’ addio di Wotan a Brunilde ( Wotan : “Leb’wohl du kuhnes, herrliches Kind” – Addio, audace, meravigliosa fanciulla). Lo chiameremo il momento dell’allagamento affettivo o della ferita degli affetti che si apre nell’animo del padre-dio Wotan (Il conflitto con Brunilde) determina la prima vera apparizione del mondo degli affetti in Wotan.In un uomo assolutamente concentrato solo sul potere improvvisamente questa sequenza di perdite apre in Wotan la ferita degli affetti. E così egli punirà Brunilde, la chiuderà in un fuoco, la depositerà sulla rocca, dove sarà difesa da questo fuoco che non potrà essere varcato se non da colui che è più libero ancora del dio. Wotan prende addio da lei con una espressione bellissima in tedesco, che non si può assolutamente tradurre in italiano e che io tradurrò con una parafrasi. “ Egli bacia via dagli occhi di lei la divinità” In quel momento ella diventerà donna e potrà in futuro unirsi con un altro eroe, Sigfrido, che è il figlio di Sieglinde e Sigmund hanno concepito. Quello che noi ascolteremo è questo momento, veramente di invasione affettiva, di allagamento affettivo. Questo tema incredibile dell’amore dei Welsi, che unisce Sieglinde e Sigmund, e per cui Brunilde adesso deve diventare anche lei donna, attraverso una punizione che le strappa via la divinità, viene a coinvolgersi in un meccanismo circolare con il tema del sonno che è quello che circolerà intorno al suo capo fino all’arrivo di Sigfrido, del successivo eroe....

Inizia a questo punto un movimento circolare : la separazione come movimento circolare. Il tema del sonno comincia a circolare, letteralmente, fra le diverse famiglie dell’orchestra. E’ un cerchio che chiude ma mantiene, una separazione che mantiene e che corrisponde all’apparizione del tema del sonno e di un altro tema, il tema dell’incantesimo del sonno, del sonno incantato. I temi circolano e i sentimenti di Wotan si articolano secondo una costruzione tipica dell’inconscio. Brunilde è attorniata da questi due Leitmotiv : uno discendente, che è il tema del sonno, l’altro sempre discendente, ma che va giù cromaticamente ed è il tema dell’incantesimo del sonno. Ad un certo punto, in mezzo a questa divisione degli archi, nasce il tema dell’addio di Wotan, che appare sommerso, ad un livello più basso della coscienza. Wagner è geniale perché il tema dell’addio di Wotan, che in quel momento dovrebbe essere il più appariscente perché c’è l’addio di Wotan a Brunilde, passa agli archi, ma alla seconda linea dei primi violini, alla seconda linea dei secondi violini. E prescrive la sordina. E’ un momento particolarmente commovente perché in effetti l’addio viene come allontanato,la separazione diventa non diretta, indiretta. Questa circolarità dei motivi del sonno che circolano in orchestra, partono dalle viole, vanno ai primi violini, passano ai secondi, ai violoncelli, e tutto gira,gira e il tema dell’addio di Wotan viene affogato dentro

Ascolto

Il terzo ascolto è l’esperienza del lutto e della perdita: la marcia funebre di Sigfrido, la morte di Sigfrido come generatrice di amore
La marcia funebre di Sigfrido è normalmente considerata dai tedeschi un momento di particolare coinvolgimento affettivo in senso, ahimè, nietzschiano per i tedeschi. Essa ha fatto il passaggio del nazismo e credo rimane ancora, tranne che per alcune menti che si sono confrontata con l’elaborazione della perdita e del lutto che il nazismo ha prodotto, un fatto di estremo coinvolgimento gestuale ed emotivo. Nella marcia funebre di Sigfried si può veramente vedere realizzato quello che Nietzsche denuncia in Wagner – l’istrionismo o l’eccesso di comunicazione che è sospensione del pensiero tragico come nella celebre Cavalcata delle Walkirie – a meno che non si faccia attenzione a qualcosa di “sommerso” che c’è nella partitura, a qualcosa di in abituale da sentire e a cui io ho sistematicamente portato attenzione creando in qualcuno un disturbo di cui sono assolutamente appagato. E cioè la marcia funebre di Sigfried – voi lo sentirete – ha un grande senso plastico, ha una grande teatralità, un’amplificazione eccessiva in un gesto che non è di dolore. Il tema che viene amplificato, il tema che viene urlato in tutte le direzioni, il tema esaltante che piaceva tanto ad Hitler, è il tema dell’assassinio, è il tema della morte, è il tema dell’eroismo. Ma c’è un altro tema che sta sommerso ad un livello veramente abissale non soltanto in termini metaforici ma in termini reali, sta nei contrabbassi, sta laggiù, scritto piano alcune volte ma bisogna farlo sentire : è il tema dell’amore dei Welsi. Questa morte ha un senso semplicemente se diventa la morte che genera amore e questa non è una mia interpretazione : è qualcosa di criptico che Wagner scrive nella sua opera e che difficilmente viene realizzata. Essa trova, però,conferma nelle ultime battute che noi sentiremo di tutto il ciclo nel momento in cui dopo il cataclisma, dopo la catastrofe, compare il tema della redenzione attraverso l’amore. E’ con questo tema che Wagner prende addio dal suo dramma: è il momento in cui l’amore crea la redenzione… come ricomposizione del tutto. Questo è possibile soltanto attraverso la morte volontaria di Brunilde, attraverso il sacrificio.

Quindi la marcia funebre contiene in sé la potenzialità, il motore di questo meccanismo, cioè il tema dell’amore dei Welsi. La gestualità, la retorica, il concentrarsi sull’aspetto della morte, sull’aspetto eroico di questa pagina non fa altro che confermare la superficialità dell’apparenza…

Ascolto

Il quarto ed ultimo ascolto è il finale dell’opera con il tema della redenzione d’amore.
In quattro minuti – quindi con una rapidità verdiana – Wagner riesce a sintetizzare un gesto di grandissima forza, di grandissima potenza in cui il cataclisma e la redenzione trapassano l’uno nell’altra. L’unica cosa su cui vi vorrei far riflettere è l’apparizione – dopo circa un minuto – di tre temi sovrapposti, tre temi musicali che significano tre concetti.

Il primo tema è il tema della natura, il tema della natura naturans che abbiamo sentito all’inizio.. risentirete gli archi dell’inizio, tutto è esattamente come l’inizio con una drammaticità naturalmente più violenta, più forte, è tutto come l’inizio ma si avvia inesorabilmente verso un grado più basso, dalla tonalità di mi bemolle maggiore ci spostiamo verso la tonalità di re bemolle maggiore, è come se le fasi cicliche andando avanti si abbassassero di livello, è come se l’addio al mondo degli dei provocasse un abbassamento dei livelli e dei cicli esistenziali.

Poi abbiamo un secondo tema, il tema del Walhalla, che viene presentato con una forza e con una violenza che è quella appunto.. della separazione. E’ tutto definitivamente finito, gli dei sono scomparsi e non ci saranno assolutamente più. Alla fine rimarranno soltanto gli uomini.. alla fine rimane soltanto una persona, rimane Alberich, rimane il dio degli abissi, rimane il male come unica realtà con cui gli uomini devono confrontarsi…

Su questi due temi si aggiunge il tema delle fanciulle del Reno , coloro che saranno custodi dell’unità e saranno mediatrici, questa volta, dell’unità non con gli dei , né dell’abisso né del cielo : saranno soltanto mediatrici con gli uomini.

Su questi tre temi – la natura in movimento, il mondo degli dei come addio definito e definitivo e un altro aspetto della natura, le figlie del Reno come mediatrici con gli uomini - apparirà brevemente il tema di Siegfried che è stato il motore attraverso la sua morte di questa purificazione.

Infine apparirà l’ultimo tema. Sentirete prima tre secondi di silenzio , l’orchestra si ferma – è una mia decisione – quasi a fermare un processo che è fortemente emotivo e come per dare uno spazio un’altra volta al pensiero. E’ una dedica che io faccio mentalmente ogni volta a Nietzsche in quel momento : è come se, in effetti, il pensiero prendesse il sopravvento su tutta una sequenza di fenomeni sonori che sono fortemente affettivi e sono fortemente legati al sentimento dell’appercezione e non soltanto della percezione del suono.

Dopo questi tre secondi di silenzio compare l’ultimo tema, il segno della redenzione finale attraverso l’amore, un tema stupendo, bellissimo. E’ il tema della redenzione d’amore. Su questi due elementi conflittuali, da una parte negativo e dall’altra positivo, si chiude la riflessione di Wagner.

Ascolto

Sunday, November 11, 2007

Giuseppe Sinopoli - a cura di Sandro Cappelletto

Caro Direttore, cari amici dell’istituto Austriaco, sono veramente dispiaciuto di non essere con voi, ma ieri sera ho commesso una stupida imprudenza alimentare, di cui per tutta la notte e il mattino ho patito le serie conseguenze.

Spero sia soltanto un rinvio e che presto possiamo incontrarci. Scusandomi con voi e con tutti i presenti, vi invio il mio più caro saluto.


Sandro Cappelletto
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Mein Schlaf ist Träumen
(Il mio sonno è sognare)

Questo verso del Sigfrido, che la gran madre Erda canta a Wotan, era, per Giuseppe Sinopoli, tra i più significativi per comprendere il processo compositivo di Richard Wagner.

“Il mio sonno è sognare – il mio sognare è pensare – il mio pensare è governare il sapere”. Sonno-sogno- pensiero: la Tetralogia come prima indagine del profondo, dell’inconscio, affidata al potere di conoscenza e di evocazione della musica. Un’indagine unitaria, un’unica campata narrativa, poetica, musicale, perché, diceva, “è il pensiero che collega, unisce, associa”.

La difesa e la fiducia nell’unità del pensiero appaiono come il più tenace e fertile lascito culturale di Giuseppe Sinopoli. Questa persuasione gli permetteva di raggiungere esiti musicali inconfondibili, ma anche di collegare senza fratture, senza forzature, direi senza precarietà i settori dove la sua figura di intellettuale e artista umanista si è con maggior passione e rigore indirizzata.

Quando gli si chiedeva perché, nel 1982, avesse interrotto la sua attività di compositore, dopo circa quindici anni di lavoro costante e – quasi con il gusto del paradosso – proprio dopo la rappresentazione a Monaco di Baviera, della sua opera Lou Salome, ispirata alla biografia della celebre donna amica anche di Friedrich Nietzsche, Giuseppe Sino poli dava due risposte, diverse e complementari.

“Perché la musica è entrata in una fase di decadenza, una fase ellenista. Smetterò di comporre per almeno vent’anni”. A questa prima riflessione – decisamente critica verso il linguaggio musicale contemporaneo, e alla quale aveva tenuto fede – ne seguiva un’altra: “In un certo modo, ho proseguito la mia attività di compositore attraverso gli studi di archeologia”.

Archeologia come attività che riporta alla luce della conoscenza le tracce di un passato sepolto: ancora, un’indagine del profondo; così come certe sue intuizioni direttoriali riportavano alla luce del primo piano sonoro alcune significativi passaggi delle partiture che prediligeva (la breve cellula della marcia Funebre dell’Eroica, i contrabbassi nel finale del Crepuscolo degli dei, certi abbandoni che emergevano all’interno dell’infuocata concitazione delle opere di Giuseppe Verdi, la tecnica del rubato come smottamento dei tempi e delle pulsioni emotive in Puccini).

Anche nel suo lavoro di compositore il rapporto tra la parte e il tutto appare, almeno nei titoli iniziali, al centro delle sue riflessioni, lasciando a volte prevalere il rigore dell’organizzazione formale, altre invece l’estro più imprevisto.

Possiamo ricondurre questa dialettica ai due compositori che riconosceva come propri maestri, Franco Donatoni e Bruno Maderna. L’armonia e l’invenzione, potremmo dire, parafrasando termini in uso nell’epoca barocca.

Sinopoli inizia a comporre alla fine degli anni sessanta, quando, anche in Italia, è ancora dominante la tecnica di composizione seriale; però Sinopoli è in quegli anni attivo a Venezia, dove Luigi Nono da tempo aveva messo in guardia contro le ossessioni di esattezza e di calcolo dei “geometri catastali della musica”, dove Bruno Maderna non si stancava di ricordare che la musica è colore, che una partitura – e lo sentiamo nelle sue trascrizioni dei mottetti di Andrea Gabrielli – deve risplendere di luci e di ombre, di masse cromatiche come una tela del Tintoretto, di Tiziano, di Veronese.

Così, già nelle serie dei tre Numquid, che possiamo forse considerare come il titolo di esordio di Sinopoli compositore, una costante preoccupazione formale si stempera grazie al ricorso di risorse timbriche molto particolari e connotanti: la famiglia degli oboi, quella delle tastiere, dove accanto al pianoforte sono presenti il clavicembalo e la celesta. Strumenti che evocano, che creano spessori sonori fluidi più che compatti. Anche nella serie subito successiva dei tre Opus – Opus Ghimel, Opus Daleth, Opus Scir – (le prime due lettere dell’alfabeto ebraico e la parola che significa canto) il rapporto tra il rigore numerico – cabalistico – e l’estro consente, in particolare in Opus Daleth, delle soluzioni del tutto personali.

Numquid velim scire: vorrei sapere se, dice Cicerone, interrogando se stesso. E l’esordiente compositore Sinopoli interroga, anche lui, se stesso per sapere quale possa essere la propria strada da seguire. Lingua latina, ebraica, tedesca, come nel giovanile brano cameristico Erfahrungen, sanscrita, come in Sunyata, per quintetto d’archi e soprano (omaggio indiretto ad Arthur Schopenhauier e alle sue letture di testi riferibili al buddismo), e anche, come vedremo fra un attimo, la lingua francese.

Quasi a suggerire riferimenti, memorie, traiettorie diverse. A volte, sembra prevalere la lezione di Donatoni, intesa come supremo esercizio di stile, in altre è un colorismo maderniano a dominare, come in un Pour un livre à Venise, trascrizione di tre mottetti di Costanzo Porta e nel Souvenir à la memoire, ampio lavoro sinfonico e vocale. Qui, la scelta della lingua francese appare quasi un segnale di appartenenza, se l’eleganza delle soluzioni timbriche è un parametro costantemente tenuto presente, anche nel rispetto della visione contrappuntista dolcemente severa di un compositore rinascimentale come Porta. Francese, ancora, per la Symphonie imaginaire, scritta per tre gruppi orchestrali e corali e tre direttori, partitura che ancora attende la sua prima esecuzione, forse oggi non così lontana.

La sua attenzione, come direttore, alle opere di Schoenberg, Berg, Webern non è rimasta senza conseguenze nelle proprie composizioni, quando il nitore del suono di Webern si unisce alla capacità lirico-evocativa di Berg e alla libertà espressionista di Schoenberg. Nel Kammerkonzert, nella Sonata per pianoforte, nella serie dei Tombeau d’Armor, che culmina nel Concerto per violoncello, viene raggiunta una personale cifra espressiva, che mai rinuncia al gusto del suono, che tesse insieme una dirompente carica espressiva e momenti più raccolti e svanenti.

Una cosa soprattutto detestava: l’”artigianato furioso”, inteso come mero esercizio, arida dimostrazione di possesso di una tecnica compositiva. Una musica senza “mania”, senza “anima”, due parole che sono “l’una anagramma dell’altra”, come lui stesso, con geniale intuizione, annota ne I corvi di Apollo, il primo dei due Racconti dell’Isola, scritti a Lipari nel 1995 e pubblicati da Taormina Arte in occasione del primo Festival Giuseppe Sinopoli.

Forse questo predominio della tecnica considerava come il rischio “ellenista” della musica contemporanea, che certo non si poteva oltrepassare resuscitando stili e tecniche del passato: ne aveva troppo rispetto per richiamarli in vita surrettiziamente.

Avrei voluto concludere queste brevi riflessioni con l’ascolto di alcuni momenti della Lou Salomé, l’opera creata a Monaco di Baviera e ambientata nei tempi e nei luoghi di quella cultura letteraria, filosofica e musicale che tante volte aveva indagato come direttore. Negli ultimi anni ne riparlava spesso, e lasciava trapelare il desiderio di rimetterci le mani, di modificarne la struttura drammaturgica, Erano passati quasi vent’anni dal debutto a Monaco e dunque i vent’anni di silenzio compositivo che si era imposto stavano per terminare: certamente le grandi esperienze maturate come direttore, le complessive acquisizioni culturali di questo lungo periodo, si sarebbero coagulate in un esito nuovo.

Sinopoli era un artista che amava rispettare gli impegni e i traguardi che si era posto e rifiutava l’occasionalità, l’approssimazione. Per questo, anche nelle sue partiture ritroviamo quell’impronta personale che gli è appartenuta in ognuno dei settori dell’arte e del pensiero che ha indagato, restituito, creato.

Sinopoli Bruckner cycle recordings (1987-1999)

(updated: 9.10.07)


Symphony No 3 / Staatskapelle Dresden
April 1990 Lukaskirche Dresden studio recording
[59:11] DG 431684-2


Symphony No 4 / Staatskapelle Dresden
September 1987 Lukaskirche Dresden studio recording
[66:58] DG 423677-2


Symphony No 4 / Philharmonia Orchestra
16 September 1988 Suntory Hall, Tokyo live concert recording
[69:45] Gewandhaus CD XG-77


Symphony No 5 / Staatskapelle Dresden
March 1999 Semperoper Dresden live performances edited recording
[76:37] DG 460527-2 (2002 Penguin Guide Rosette)


Symphony No 6 / Philharmonia Orchestra
20 March 1987 Royal Festival Hall, London live concert
BBC broadcast aircheck (Noise Reduction) recording
[60:30] Charter Oak Recordings Disc # COR-100
http://rapidshare.com/files/1353618/Bru6_Sinopoli.zip


Symphony No 7 / Staatskapelle Dresden
September 1991 Lukaskirche Dresden studio recording
[64:57] DG 435786-2 (1996 Penguin Guide ***)


Symphony No 8 / Staatskapelle Dresden
December 1994 Lukaskirche Dresden studio recording
[85:51] DG 447744-2


Symphony No 9 / Staatskapelle Dresden
March 1997 Semperoper Dresden live performances edited recording
[61:51] DG 457587-2




Any further Sinopoli Bruckner recordings information and/or comments will be highly appreciated.


All the best

Martin

La musica ci rende belli [Music makes us beautiful]

Ecco il messaggio inedito di Giuseppe Sinopoli, inviato il 13 ottobre 2000 a Pietro Bria, primario di consultazione psichiatrica all'Ospedale Gemelli, perche' lo leggesse ai pazienti a introduzione dell'iniziativa "Giovani artisti in ospedale".

Sono veramente felice che l'iniziativa di portare la Musica negli ospedali continui il suo percorso. Sarei stato cosi' volentieri con voi per continuare ad imparare i profondi legami che passano fra il dolore e la sublimazione di esso attraverso un'attivita' dello spirito. So bene che questa parola e' oggi malintesa o sfruttata in ambiti ingenui che rasentano l'animismo. Tuttavia lo Spirito e' cio' che ci permette di elaborare il dolore, di superare la difficile realta', per procedere verso mete illuminate dall'utopia della speranza. La musica e' forse il momento in cui l'uomo raggiunge, con i suoi sensi e con il suo intelletto, i confini estremi della materia: cio' che e' impossibile misurare, quantificare, toccare.

La musica e' quantita', misura, nel periodo in cui viene scritta o nell'attimo in cui lo strumento, stimolato dal musicista, la produce. Qui si compie un salto misterioso; quello che noi ascoltiamo e' immateriale e nell'attimo in cui lo percepiamo sparisce per diventare memoria. La musica e' il segno piu' sublime della nostra transitorieta'. La Musica, come la Bellezza, risplende e passa per diventare la memoria, la nostra piu' profonda natura. Noi siamo la nostra memoria. Il superamento del dolore e' necessario perche' la nostra vita riacquisti il senso della Bellezza. Forse la musica con la sua impalpabile bellezza, ci puo aiutare. Giuseppe Sinopoli (Lenzi 2001b)


[Here is the unpublished message by Giuseppe Sinopoli, sent on 13 October 2000 to Pietro Bria, head psychiatric consultancy at Gemelli Hospital, so that he can read it to the patients as introduction to the "Young artists in hospital" initiative.

I am very happy that the initiative of bringing music in hospitals can continue its journey. I would have been so glad to be with you to continue to learn about the profound links between pain and its sublimation through an activity of the spirit. I know very well that this word is nowadays misunderstood or exploited in ingenuous spheres which border on animism. Nevertheless, it is the Spirit which permits us to elaborate pain, to overcome the difficult reality, in order to proceed towards aims and goals illuminated by the utopia of hope. Music is perhaps the moment in which man reaches, through his senses and intellect, the extreme boundaries of matter: what is impossible to measure, quantify, touch.

Music is quantity, measurement, in the period when it is written or at the moment in which the instrument produces it as stimulated by the musician. Here a mysterious step takes place; what we hear is non-material and, at the moment we perceive it, it vanishes to become memory. Music is the most sublime sign of our transitory reality. Music, like Beauty, shines and goes by to become memory, our most profound nature. We are our own memory. Overcoming pain is necessary so that our life re-achieves the sense of Beauty. Maybe music can help us with its impalpable beauty. Giuseppe Sinopoli]

(Translation: Martin Spiteri)